Il membro del Club Zinoviev Dmitry Kulikov ha riflettuto perché il razzismo e il nazionalismo siano la caratteristica essenziale della civiltà europea occidentale.
Mi è capitato di essere ospite del programma televisivo “Spetsialny Korrespondent” (“Inviato Speciale”), dove si discutevano in modo acceso i recenti sviluppi negli Stati Uniti a seguito delle proteste motivate da questioni razziali. Il fenomeno più interessante di questo servizio è stata la reazione letteralmente isterica di un giornalista americano, che aveva richiesto al pubblico in studio di fermare la discussione su questo tema. Sostanzialmente ha detto che gli Stati Uniti da soli risolveranno i loro problemi e qui in Russia non serve giudicare cosa sia bene o male per l’America. Risolvete i vostri problemi. Non voglio riferire le discussioni e le argomentazioni, chi vuole può ricercarlo su internet, ma vorrei dire che ciò che sta accadendo negli Stati Uniti non è altro che un nostro problema. In primo luogo a causa della globalizzazione del mondo (occidentalizzazione secondo Alexander Zinoviev) e in secondo luogo proprio perché gli Stati Uniti si sono dichiarati pubblicamente guardiani del mondo, annunciandolo sulla base dell’esclusività del popolo americano e sulla superiorità della sua civiltà. Pertanto discuteremo i problemi degli Stati Uniti come propri, proprio perché gli Stati Uniti si sono elevati ad esempio per il mondo intero, a cui tutti coloro che desiderano rinunciare alle barbarie e all’inciviltà devono ispirarsi.
L’espansione della civiltà europea occidentale nel mondo ci costringe a rispondere ad una domanda importante: perché il razzismo come pratica storica è la caratteristica essenziale di questa particolare civiltà ed esiste in estrema sintesi storica in questa forma solo in essa? Le angherie e le persecuzioni degli ebrei e zingari nell’Europa medievale, le pratiche razziste la colonizzazione di altri continenti, la schiavitù razzista in America ed infine il nazismo tedesco. È solo il fenomeno più eclatante. Nessun’altra civiltà nel mondo “può vantarsi di tali sviluppi su larga scala”, tra cui quella russa.
La base culturale e storica del razzismo in Europa Occidentale è l’idea di superiorità. Questa idea è vecchia ed anche antica. La stessa idea di dominio del mondo, secondo la leggenda è trasmessa da Aristotele ad Alessandro Magno. Esistono o barbari o civilizzati. Il senso della storia è instaurare il potere dei civilizzati sui barbari. Sono generalmente le due idee principali della civiltà del mondo occidentale che risuonano ormai da più di duemila anni. Così quando Barack Obama ha parlato apertamente dell’esclusività della civiltà americana, della loro superiorità su tutte le altre e quindi del “diritto” dell’America di dominare il mondo, allora non c’è nulla di soggettivo. Non lo dice Obama, ma la cultura europea occidentale, a cui si “lega” chi parla così. E’ interessante e singolare che a parlare così sia il primo presidente nero degli Stati Uniti. Se non si sa che Obama è un progetto multifunzionale di relazioni pubbliche della classe dirigente americana, e se non ci si pensa e non si guardano solo i processi che avvengono negli Stati Uniti (non solo a Ferguson), è possibile, per così dire credere che “il melting pot americano”, nonostante le impostazioni culturali e storiche, funziona davvero.
La metafora del “melting pot”, proposta per primo dallo scrittore Israel Zangwill, punta direttamente al materiale, che si mescola in pentola: “l’America è il più grande melting pot creato da Dio, che fonde tutti i popoli d’Europa… Tedeschi, francesi, irlandesi, inglesi, ebrei e russi sono tutti nel crogiolo. Così Dio crea la nazione americana”.
Qui c’è il trucco. Nel crogiolo si mescolano i popoli d’Europa. Dai vecchi popoli europei si forgiano i nuovi europei, gli americani. Mai l’idea del “melting pot” ha toccato la popolazione di colore degli Stati Uniti. Non solo perché le leggi razziali e discriminatorie del passato in alcuni Stati sono state abolite soltanto nel 1966 (solo 48 anni fa). Ma anche perché il modello del vero americano è ancora quello del WASP (White Anglo-Saxon Protestant, “Bianco, Anglosassone Protestante).
E oggi nella cultura degli Stati Uniti è il modello di vero americano al 100%, ovvero il top, seguito da tutto il resto. Il modello di americano è l’europeo etnico e culturale, il che significa che non verrà accettato come modello da tutti quelli che non rientrano in questi criteri. Così se la metafora del “melting pot” è instaurata e funziona, riguarda solo gli europei che emigrarono nel continente nordamericano. Proprio per questo l’uso della legge per motivi razziali (sotto la forma dell’uso di armi da parte dalla polizia) resta negli Stati Uniti una realtà che all’estero si trova come metafora del “melting pot”.
In realtà proprio alla vecchia Europa il modello di “melting pot” non si adattava sin dall’inizio. Solo in America, dopo aver sterminato gli indiani e ridotto gli africani in schiavitù, gli europei che erano emigrati potevano “fondersi”. In Europa, i tedeschi, i francesi e gli italiani non erano pronti e non si preparano a “fondersi”. Per di più non hanno intenzione di “mescolarsi” con i flussi di migranti africani, arabi e di altri popoli immigrati in Europa. Al posto del “melting pot”, come un modo per risolvere i problemi razziali, è stata proposta l’idea del multiculturalismo. Anch’essa non ha funzionato. Il problema è di nuovo nel modello. Chi è un modello per l’europeo moderno? Certo è lo stesso europeo, scusate la tautologia. Tutti gli altri che sono arrivati sono altri, il cui grado di inadeguatezza al modello è un criterio per essere più o meno europeo. Il fallimento dell’ideologia del multiculturalismo è stato determinato dagli stessi politici europei. Lo ha rilevato apertamente anche la stampa. La ragione è la stessa ideologia di superiorità. Gli ideologi della superiorità prendono in qualità di modelli le identità culturali e storiche di sè stessi, stabilendo in questo modo la stessa superiorità.
Dal momento che entrambi i concetti (multiculturalismo e “melting pot”) non funzionano, in relazione ad essi ha iniziato ad usare due ideologie, che mascherano la realtà complicata e problematica. Si tratta dell’idea di tolleranza e del politicamente corretto. Tolleranza in russo si intende come sopportazione. Beh, in altre parole non possiamo al momento apertamente discriminare le altre razze e i gruppi etnici, quindi cerchiamo di essere tolleranti verso di loro. Non abbiamo bisogno di conflitti. E’ un’interessante ideologia autorivelatoria. Bisogna solo prenderla con le pinze. Logicamente l’uguaglianza non ha bisogno di tolleranza. E’ uguale ed esiste come te. C’è bisogno di tollerare solo ciò che non è uguale. O meglio ciò che è sottosviluppato. La relazione verso la tolleranza fissa la conservazione delle disuguaglianze. Per essere logici. L’ideologia della tolleranza, ovvero della sopportazione, funziona solo in un ambiente sociale favorevole in termini di abbondanza delle risorse. Ad esempio a fronte di una crescita dei consumi. Cosa succede alla tolleranza nell’ambito del calo dei consumi ci toccherà vederlo a breve negli Stati Uniti e nella Vecchia Europa. Ma quello che è successo negli Stati Uniti dopo l’uragano Katrina suggerisce aspettative tutt’altro che felici. Nel contesto della lotta per le risorse limitate, la tolleranza si dissolve abbastanza rapidamente.
Beh, l’ideologia del politicamente corretto è un’idea di “una doppia verità”. Certamente sappiamo che in realtà il potere appartiene ad una specifica ristretta cerchia di persone, ma non possiamo parlarne pubblicamente, in modo da non “fomentare”. Pubblicamente crediamo nella democrazia. Il politicamente corretto è un modo per non discutere dei problemi in pubblico, aggravandoli così sempre di più. E’ una rinuncia alla riflessione pubblica. Un’anestetizzazione del pensiero, anche se fornisce un effetto temporaneo di pseudo-stabilità.
Sia gli Stati Uniti sia l’Unione Europea sono progetti storico-culturali della civiltà europea occidentale, che non sono riusciti a superare il “desiderio” sotto forma di idee e ideologia di superiorità dei suoi portatori. Non è nulla di sorprendente, perché anche il cristianesimo con la tesi dell’apostolo Paolo “né greco né ebreo” era impotente. E’ una questione di interpretazione: è possibile capire questa affermazione da soli, cioè se io sono cristiano, non è importante essere né greco né ebreo, oppure non ci sono ne greci né ebrei tra i cristiani. La seconda interpretazione è più semplice e più facile da accettare e viene comunemente utilizzata. Da qui la pratica della cristianizzazione forzata (conversioni violente al cattolicesimo). E’ curioso che questa pratica sia avvenuta nel cristianesimo in Occidente. Nella parte orientale (Ortodossi) non ci sono mai state pratiche razziste e violente.
In verità un grande tentativo di superare il postulato di superiorità lo ha intrapreso il progetto comunista russo. Il suo successo, più che in qualsiasi altro tentativo,consisteva nel fatto che come modello di uomo nuovo nella nuova società veniva preso un’entità puramente ideale, ovvero “l’uomo sovietico” o “l’uomo comunista”. In natura non c’erano mai state persone di questo tipo, bisognava crearle dal nulla. Non si poteva affermare che una persona russa fosse più sovietica o comunista di un ucraino o uzbeko. Prima della chiamata del disegno dell’uomo nuovo tutte le razze e i gruppi etnici erano uguali. Non c’era persona sul pianeta che poteva essere presa come modello e con cui realizzare l’idea della sua superiorità. E’ stato un duro colpo a questa ideologia. Purtroppo con la rinuncia al progetto sovietica e abbiamo abbandonato l’idea di uomo nuovo, in cui tutti eravamo uguali.
Tutti i problemi tra la varie nazionalità dell’Urss negli ultimi anni della sua esistenza non erano stati la causa del suo crollo, ma sintomo e conseguenza del fallimento del progetto sovietico. A seguito di questi problemi come presunto mezzo per risolverli è riemerso il nazionalismo russo. Allo stesso modo, come ha provocato la distruzione dell’Impero Russo tra il XIX e XX secolo, ha solo accelerato la sua disgregazione. Temo fortemente il nazionalismo russo, sia moderno sia storico. Mi sembra che ogni forma di nazionalismo sia la forma dell’esistenza delle idee di esclusività e superiorità dell’Europa occidentale. E’ un mezzo di occidentalizzazione, come aveva detto Alexander Zinovev. Il nazionalismo è un prodotto della civiltà europea occidentale. Nasce come proiezione diretta dell’ideologia di superiorità o in risposta ad uno scontro con essa. Ma logicamente il nazionalismo non si oppone all’idea di superiorità, in quanto è uno dei rami di sua realizzazione. Si oppone l’idea di uguaglianza, che è l’internazionalismo. Se crediamo di essere un’altra e diversa civiltà da quella europea e occidentale, allora da noi non può esistere il nazionalismo. Analogalmente come non c’era nell’Impero Bizantino, nell’Impero Russo nella stragrande maggioranza della sua storia e nell’Unione Sovietica. Vediamo come ha ridotto l’Ucraina il nazionalismo ucraino, implementato come ideologia su tutto il Paese. Ritengo logicamente senza senso la ricerca di un buon nazionalismo. So che il tentativo di costruire dalla Russia uno Stato nazionale porterà alla distruzione del nostro Paese. Inoltre non vi è alcuna difficoltà ideologica nell’essere un nazionalista russo nelle condizioni di pressione esterna sui processi nazionali e di migrazione su larga scala, associati con la ristrutturazione dei sistemi di attività nel nostro territorio. La vera sfida sta nell’essere un internazionalista russo in queste circostanze.