Vita Società, 11/09/2012
Marco Dotti
Cristo? Un fannullone, parola di Zinov’ev
Lo sapete che cos’è una vita senza lavoro? Non senza “impiego”, ma senza lavoro… Apro a caso un libro, lo faccio sempre. E stavolta, il caso, mi porta Sul Golgota, il “nuovissimo testamento” di Aleksandr Zinov’ev. Logico, matematico, fisico, nato nel 1922, sollevato da ogni incarico e, appunto, da ogni lavoro nel ’76, in seguito alla pubblicazione di Cime abissali, Zinov’ev è stato a lungo tra i più noti e letti dissidenti sovietici. Ma è stato anche un disoccupato. Strana condizione, condizione “logicamente” impossibile in un sistema che della retorica della piena occupazione faceva un dogma. Tant’è, il caso mi porta su questa pagina, che vi propongo, pensando all’oggi e pensando a quanto pesi e con quanta sufficiente leggerezza venga – sempre oggi, come ieri d’altronde – da giornalacci e giornalistacci affibbiato l’attributo di “fannullone” a giovani e meno giovani che un’occupazione ce l’hanno – tutti ne abbiamo una e più d’una – ma di lavoro… nemmeno l’ombra. Eccola:
«Cristo fu, per quanto è dato giudicare, persona senza occupazione fissa, ne nostro linguaggio un fannullone. Come lo sono io. Il fannullone è l’individuo che alla domanda “Con quali mezzi vivi?” non può esibire una dichiarazione del posto di lavoro, con la specificazione del salario. Ma questo non significa che il fannullone non lavori affatto. Io lavoro non meno degli altri. Solo che non ho e non potrò mai avere una dichiarazione del genere. Un tempo presentavo dichiarazioni false… Una fonte di guadagno sono per me i lavori occasionali che mi danno da vivere talvolta per un semestre, talaltra per periodi più lunghi. Da vivere, è ovvio, al livello minimo. L’anno scorso trovai ingaggio come verniciatore di ponti sui fiumi siberiani. Un lavoro pagato bene, perché non avevamo alcuna sicurezza. Si limitavano a calarci con una fune. Ve lo immaginate? Un vento gelido vi penetra nella pelle. L’unica cosa che riuscite a desiderare è che la corda si spezzi quanto prima, consentendovi di chiudere i conti con questa vita da dannati. Formalmente riscuotevamo un salario molto alto, fantastico direi. Di fatto, ci entrava in tasca solo il trenta per cento. Il resto? Beh, il resto se lo prendevano i caporali, i sindacalisti, i capocantiere, gli ingegneri. Proliferavano bene, i parassiti. Io rischiavo, appeso a una fune, e così facendo ingrassavo decine di parassiti. In compenso, avevo la mia bella certificazione col mio bel salario. Solo formale, però».
Potremmo continuare, ma direi che basta. Chi è il fannullone, in un contesto simile? Chi? Pensateci e non pensate troppo alla fu Unione Sovietica. Pensate all’oggi, se vi va.
Marco Dotti
Marco Dotti è nato a Chiari, in provincia di Brescia, il 4 aprile dell 1972. Fa parte del gruppo di direzione del mensile Communitas e della redazione di Vita. E’ docente di Professioni dell’editoria al corso di laurea in Comunicazione (Cim/Cpm) dell’Università di Pavia. Ha pubblicato Luce nera. Strindberg, Paulhan, Artaud e l’esperienza della materia (Medusa, Milano 2007) e curato traduzioni da Artaud, Genet, Cocteau, Léon Paul Fargue, Jean Cayrol, Catherine Pozzi, Tudor Arghezi e T. H. Lawrence. Scrive o ha scritto per il manifesto, Alias, Lettera internazionale, L’Indice.