Aleksej Blinov: La liberazione della Russia dalla mania dei rating

© AFP 2015/ JOEL SAGET

Sputnik, 19.07.2015

Secondo il membro del club Zinoviev Aleksej Blinov, le moderne classifiche sono una parte del meccanismo ideologico della globalizzazione, finalizzate all’instaurazione di un nuovo sistema coloniale nel mondo.

Il crollo della fiducia nei rating

La nuova “guerra fredda” ha portato i primi benefici e risultati positivi mettendo sotto scacco l’industria dei rating, la gran parte dei quali rappresenta un prodotto propagandistico delle organizzazioni non-profit, dei think tank e delle “fabbriche del pensiero” occidentali — elementi del meccanismo di soft powerdell’Ovest e della strategia di guerra dell’informazione, nonché rilevante fattore nella lotta mondiale delle idee. Grazie alla nuova “guerra fredda”, è cominciata una svalutazione dell’industria globale dei rating, sono caduti il valore e l’importanza dei “test” ideologico-propagandistici di ogni specie sulla democrazia, sulla trasparenza politica e sull’utilità economica.

Per la Russia è indispensabile uscire dalla futile e inutile competizione per le classifiche di ogni genere, che somiglia alla lotta contro i mulini a vento: non si deve più impiegare tempo e risorse in queste sciocchezze. Praticare la costante autocommiserazione e cospargersi il capo di cenere non sono le attività più dignitose per un Paese come la Russia.

Aleksej Blinov, membro del club Zinoviev MIA “Rossiya Segodnya”, Dottore di ricerca in Scienze giuridiche, Dottore magistrale in Scienze politiche
Aleksej Blinov, membro del club Zinoviev MIA “Rossiya Segodnya”, Dottore di ricerca in Scienze giuridiche, Dottore magistrale in Scienze politiche

Ormai è impossibile negare un fatto evidente: i rating rappresentano il principale strumento ideologico che assicura la leadership e la prevalenza dei Paesi occidentali nel mondo; ed ecco che ora le classifiche vengono intese come arma della guerra d’informazione e della propaganda occidentale, quindi con esse bisogna operare di conseguenza.

Oggigiorno di fronte a noi vi è il compito di fermare la “fobia dei rating” e di non prendere parte alla rating-mania globale, non sprecare tempo ed energie in inconcludenti “corse di scarafaggi” per la medaglia data da buon rating, in lotte su ogni punto dato da discutibili indicatori. È importante rendersi conto in modo chiaro che tutti i rating hanno un carattere perverso, perché sono un’arma della guerra di informazione.

Un gioco altrui

Qui serve coerenza: non bisogna rivendicare l’idea del mondo multipolare e al tempo stesso continuare a partecipare al gioco della standardizzazione e del rafforzamento del mondo unipolare.

Se guardiamo a una qualsiasi serie di rating, non si capisce come faccia la Russia ad essere ancora viva. Recentemente Aleksej Kudrin, capo del Comitato per le iniziative civili, nonché uno dei fondatori del sistema finanziario moderno del Paese, ha preannunciato che il rating 2015 per la Russia sarà un rating “spazzatura”.

Anche il pregio dei rating tipo quello di “Moody’s” (che ricevette un valore nominale caricaturale durante l’iniziale saccheggio del nostro Paese negli anni ’90) non deve trarre in inganno: tutte e tre le vacche sacre dell’industria occidentale delle stime (“Moodys”, “Standard & Poors” e “Fitch”) sono solo delle marionette ideologiche utilizzate per garantire gli interessi degli USA e dell’impero del dollaro nel mondo (tutti e tre questi rating monopolistici sono pubblicati da società americane legate strettamente al Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti e a Wall Street). Il valore da quattro soldi delle loro previsioni (ottenute con metodi non trasparenti e non verificabili) è stato visto chiaramente dal mondo intero durante la crisi finanziaria del 2008, ed esse sono state probabilmente una delle cause stesse del collasso globale.

Nonostante le pluriennali misurazioni e le previsioni analitiche demotivanti, la Russia è comunque nel pieno delle forze, anche se a qualcuno ciò potrà non piacere. Queste stime e questi indici sono una tecnologia di degradazione della Russia, del suo abbassamento all’infima categoria delle “repubbliche delle banane”, ormai condannata dal sistema mondiale di divisione del lavoro al non invidiabile ruolo di appendice di materie prime.

Agenzia di rating Moody's
© AP PHOTO/ MARK LENNIHAN Agenzia di rating Moody’s

Molti dei cosiddetti “rating influenti” costituiscono una dissacrazione completa e sono indirizzati alla creazione di un menzognero sistema di coordinate mondiali, di status globali artificiali di interi Stati e di intere regioni; mentre i rating più altisonanti e di profilo elevato sono sostanze virtuali che hanno una relazione solamente indiretta e remota con la vita reale, e appaiono più come il tentativo di appiccicare delle etichette e di zombificare le masse. Non serve guardare troppo in là per averne un esempio, è sufficiente ricordare il recente scandalo nel quale la Cina (economia mondiale №1) risultava addirittura al 90esimo posto su 189 Stati, secondo il rating della Banca Mondiale di Doing Business: evidentemente, i banchieri mondiali ritengono che il business alla cinese non sia un’attività abbastanza redditizia.

Espertocrazia parassitaria

Occorre subito puntualizzare che la maggioranza dei rating globali sono strutture ideologiche che non hanno niente in comune con le vere ricerche comparative sugli Stati, basate su una conoscenza profonda del materiale statistico. L’indizio che ci permette meglio di riconoscere i rating globali ideologici è rappresentato dalle perizie degli esperti: laddove l’analisi dell’esperto di turno costituisce parte del metodo di classificazione, allora con grande probabilità ci troviamo di fronte a un rating inattendibile, soggettivo e che inoltre non rispetta lo stato reale delle cose; in poche parole, un rating bugiardo. La pubblicazione di stime globali ideologiche è un’industria parassitaria; la tecnica con cui l’espertocrazia esercita la sua influenza, fondata su criteri e su valutazioni soggettive, è lo sforzo da parte di strutture illegittime di plasmare a loro piacimento istituzioni legittime. Come qualunque altra forma di parassitismo, l’espertocrazia non protegge gli interessi della società, ma persegue in prima istanza i propri obiettivi.

Come esempio di tali rating ad alto tasso di soggettività, possiamo portare i rating delle migliori scuole superiori del mondo. Le classifiche delle università del mondo servono a consolidare la leadership dei sistemi formativi anglosassoni. Se guardiamo al loro valore, i rating possono essere paragonati ai sondaggi fatti al culmine delle campagne elettorali, e come sanno bene i coloro che le gesticono, molti dei rilevamenti d’opinione vengono redatti a tavolino, mentre i numeri sono inventati di sana pianta — insomma, non bisogna credere né agli uni né agli altri. Tali lavori “analitici” non valgono più degli oroscopi per casalinghe.

I rating, per quanto possano essere pubblicati da centri occidentali di esperti autorevoli e rispettabili, sono un prodotto avariato. La svalutazione delle classifiche è direttamente proporzionale alla crisi di fiducia verso la comunità occidentale degli esperti, alla quale oggigiorno non viene dato alcun credito. Per la Russia, al momento, tali stime valgono tanto quanto conta l’opinione che ha di essa l’Occidente e tutti quei guri degli esperti alla Brzezinski, quelle star mediatiche tipo Psaki, quei lobbisti come Nuland e McCain, divenuti sinonimo di un’idea ignorante ed estremamente rabbiosa e ostile sulla Russia.

Come ci si può fidare degli esperti occidentali se il fine ultimo del loro operato è subordinare la Russia e infliggerle il maggior danno possibile? Il pensiero di qualunque esperto che venga dall’Occidente, e tanto meno la sua approvazione o disapprovazione, non contano un bel niente.

La meccanica della nuova colonizzazione del mondo

I rating sono una delle tecniche ideologiche di globalizzazione, adottate al fine di standardizzare il nostro mondo, nel quale per ciascuno Stato-attore è stato preparato un suo ruolo rigorosamente definito; essi costituiscono, in sostanza, un ingranaggio del meccanismo di colonizzazione del mondo, dell’instaurazione di un nuovo sistema di caste, della segregazione degli Stati e delle società moderne. Parafrasando Aleksandr Zinov’ev, che chiamava i mass media globali il “Vaticano dell’occidentalismo”, anche le moderne agenzie di rating possono essere definite come i pilastri dell’occidentalismo, del neoсоlonialismo, dell’affermazione di un segregazionismo degli Stati attuato con mille criteri artificiali. Inoltre, una tale segregazione a livello mondiale, per mano dei rating, rappresenta la manifestazione di quella stessa esclusività dell’Occidente di cui negli ultimi tempi parlano sempre di più i suoi stessi leader. Avete mai visto dei rating globali di carattere ideologico nei quali i Paesi dell’Ovest non occupino delle posizioni di vertice? A proposito, le alte posizioni dei Paesi del “miliardo d’oro” non sono forse un riflesso del loro grado di appropriazione delle ricchezze del pianeta?

I rating sono un importante meccanismo di progettazione della storia futura o “pilotabile” (espressione di Aleksandr Zinoviev che descrive l’epoca contemporanea); il sistema finanziario internazionale ha subordinato alla dipendenza dai rating i calcoli dei crediti e degli investimenti. L’abbassamento di un rating equivale automaticamente a un cartellino giallo. Oggi, le stime sono più di semplici indicatori, sono mezzi di influenza, di proiezione del potere economico, di imposizione delle proprie regole del gioco.

Essendo strumenti di un’economia virtuale (e come si potrebbe considerare altrimenti un’economia la cui massa monetaria non è garantita da reali valori materiali) i rating servono solamente a scopi speculativi. L’attenersi ai rating da parte di un operatore coscienzioso assomiglia allo scontro tra un uomo a mani nude e un bandito armato fino ai denti.  

Grande importanza alle classifiche viene assegnata dagli ideologi del liberismo nel funzionamento del “libero mercato” dato dalla “mano invisibile” e dalla “autoregolazione”. A dire la verità, quella mano non è poi così invisibile, e le sue cosiddette azioni nascoste somigliano alle manipolazioni di un illusionista-truffatore. I rating compiono proprio quella funzione “invisibile” che avevano i cambiavalute medievali e che eseguono i moderni faccendieri e i fondi speculativi, capaci di far crollare le valute nazionali, di manipolare il prezzo del petrolio e dell’oro, di manovrare la psicologia delle masse di consumatori, operare con precisione chirurgica la ripartizione della proprietà con l’aiuto del gioco in borsa delle azioni societarie — si tratta cioè di azioni completamente artificiali, non di una qualche astratta magia insita nel mercato.

Manifestazione anti-TTIP
© FLICKR.COM/ CAMPACT Manifestazione anti-TTIP

D’altronde, come si potrebbe parlarne seriamente, quando coloro che detengono i posti più elevati nelle classifiche economiche sono anche i maggiori debitori mondiali: gli USA, il Giappone, la Gran Bretagna e l’Unione Europea. Come si potrebbe trattare seriamente dell’obiettività di tali pseudo-rating, quando la massa monetaria supera di molte volte quella delle merci, mentre l’economia virtuale dei futures supera quella delle reali ricchezze di domani (secondo i dati del Fondo monetario internazionale, il valore corrente dei prodotti finanziari nel mercato mondiale è di 3 volte e mezzo superiore al valore della produzione dell’economia reale). In condizioni del genere, stilare classifiche dell’economia mondiale è come misurare la temperatura media delle stanze di un ospedale che non esiste.

È tutta un’industria che paralizza, facendosi scudo delle statistiche: si tratta proprio di quel caso in cui si può dire che esistono una menzogna, una menzogna spudorata e una statistica, quando quest’ultima diviene un’arma di speculazione e di manipolazione dei mercati.

Liberarsi dai rating significa liberarsi dalla dipendenza servile verso il pensiero di chi ha un’alta considerazione di sé senza disporre di alcun valido motivo.

È indispensabile superare la mania delle classifiche, che costringe ai paragoni e ai confronti con altri Stati. Non è forse giunta l’ora di smettere di dare peso ai rating e di iniziare semplicemente a occuparsi dello sviluppo del Paese?

Il cambiamento di rapporto nei confronti del proprio Paese e la consapevolezza dell’unicità della nostra civiltà russa e di tutta la Federazione Russa presuppongono il rifiuto della schiavitù da tutti i tipi possibili di classifiche, test e indici, da quello che “dirà Mar’ja Alekseevna” da qualche “fabbrica del pensiero” straniera.

Se la Russia continuerà a utilizzare pedissequamente come riferimento i rating globali ideologizzati, a levarsi ossequiosamente il cappello di fronte all’onnicomprensivo “Moody’s”, allora dovrà giocare per sempre secondo regole altrui, essere sicuramente e costantemente arretrata, e cioè perdere senz’altro.